Virgin River 2: Recensione della nuova Stagione della Serie TV targata Netflix
Scritto da: Maria Anna CappelleriData di pubblicazione:
Da poche settimane potete trovare su Netflix tutti i nuovi dieci episodi della seconda stagione della serie originale Virgin River, basata sui romanzi rosa di Robyn Carr con lo stesso titolo.
Per altro, è proprio di pochi giorni fa l'annuncio del rinnovo per la terza stagione.
In questo articolo, recensirò quella appena terminata, senza fare spoiler!
La serie racconta le vicende di Melinda Monroe, una infermiera specializzata che, per cercare di mettersi alle spalle un passato doloroso, decide di trasferirsi da Los Angeles a Virgin River, un paesino sperduto in mezzo alle montagne californiane. Riuscirà ad ambientarsi, ma si renderà conto che dal dolore che si ha dentro è impossibile fuggire, e solo concedendosi il tempo di rimarginare le ferite, si potrà ricominciare a vivere serenamente.
La seconda stagione prende avvio dal ritorno di Mel in paese, dopo essere praticamente fuggita via nel finale della prima stagione. Jack inizialmente faticherà a comprendere questa scelta, tuttavia poi i due avranno modo di chiarirsi. Nonostante non sarà facile gestire le dinamiche con Charmaine, sempre più gelosa della sintonia tra Jack e Mel, quest'ultima comincerà a sentirsi sempre più di casa a Virgin River.
Nel corso di questa stagione ci sarà modo di approfondire un po' di più i retroscena di alcuni personaggi, tra cui quella di Hope e, soprattutto, quella di Jack che, grazie anche all'aiuto di Mel e di John (interpretato da Colin Lawrence), finalmente inizierà ad affrontare i fantasmi del suo passato. Inoltre, troviamo una Melinda molto più risoluta non solo nel lavoro, ma anche sul piano personale: la brillante infermiera è pronta a lavorare su se stessa, per riprendersi un po' di meritata felicità.
Anche la storyline di Paige avrà degli sviluppi importanti e non privi di colpi di scena, per quanto un po' troppo rocamboleschi.
Pregi e difetti
Senza girarci troppo attorno, va detto che non siamo di fronte a una serie che ha l'ambizione di essere un capolavoro particolarmente memorabile, ma ciò non significa automaticamente che sia uno show di basso valore.
Il mondo delle serie tv è popolato da sempre da ogni tipologia di prodotto, al fine di potersi rivolgere a vari segmenti di pubblico, in termini età, preferenze e non solo. Questa frase a dir poco lapalissiana è ancora più vera oggi, che le piattaforme streaming - Netflix in pole position - sfornano ogni anno una quantità impressionante di serie tv, più o meno valide, più o meno importanti, più o meno belle. O, per meglio dire, più valide, importanti e belle per qualcuno, e meno per altri. Devo inoltre aggiungere che spesso non è neanche solo questione di gusti diversi da spettatore a spettatore. Infatti, è spesso la stessa persona che, a seconda del momento della vita (o semplicemente della giornata), preferisce guardare cose completamente diverse tra loro e, ogni tanto non ha voglia di arrovellarsi con trame complesse e intrecci macchinosi.
In questa categoria si inserisce a pieno titolo Virgin River, che non ha affatto l'obiettivo di impegnare la testa dei telespettatori, ma punta bensì al loro coinvolgimento emotivo, grazie a storie a cui si perdonano anche gli stereotipi, fin quando riescono a far entrare in sintonia il pubblico e i personaggi.
Difetto evidente degli episodi della seconda stagione, sono alcuni evidenti e bruschi cambiamenti di passo: la narrazione procede talvolta troppo lenta su certi aspetti, per poi accelerare fin troppo su altri. Ciononostante, si guarda piacevolmente, se non si hanno troppe pretese e, soprattutto, se chi si approccia ad una serie come questa, è consapevole che i cliché e gli stereotipi ne sono parte integrante e che colpi di scena ce ne sono, ma non sono mai del tutto imprevedibili (soprattutto per chi ormai è avvezzo alle dinamiche tipiche di alcune serie tv).
Uno degli aspetti migliori, invece, di questo sentimental drama, è sicuramente lo scenario: ambientato a Vancouver, in Canada, lo sguardo dello spettatore si perde tra foreste che sembrano infinite e paesaggi mozzafiato. Anche la scelta dell'ambientazione contribuisce a generare un sensazione di leggerezza in chi guarda, nonostante poi le puntate spesso tocchino tematiche che di leggero hanno ben poco: la perdita, l'elaborazione del lutto, la violenza, lo stress post-traumatico.
Altro elemento di pregio è il cast: la protagonista è interpretata da Alexandra Breckenridge (This is Us, The Walking Dead, American Horror Story), L'interessante (ma non originalissimo) personaggio di Jack Sheridan è invece impersonato da Martin Henderson (che abbiamo visto in Grey's Anatomy); E infine, ci sono anche Tom Mathison (che fa Doc) e Annette O'Toole (l'indimenticabile mamma di Clark in Smallville) che veste i panni dell'eccentrica Hope McCrea.
Sono tutti attori di comprovati esperienza e valore, che possono inoltre contare su una costruzione abbastanza elaborata e complessa dei loro personaggi, riuscendo quindi così a compensare la generale scarsezza di originalità della trama, che spesso e volentieri scade in luoghi comuni o in dinamiche già viste e riviste.
Virgin River, anche nella seconda stagione, si conferma come una di quelle serie TV da guardare un sabato o una domenica pomeriggio, mentre magari fuori piove, di fronte ad una tisana o ad una cioccolata calda. Quando non si vuole sovraccaricare troppo la testa, ma comunque si vuole scaldare il cuore.
madforseries.it
3,1
su 5,0