The Walking Dead: World Beyond - La nostra Recensione del 1° Episodio della Serie TV Spin-off
Scritto da: Brian Freschi - Data di pubblicazione:
Siamo nella Nebraska dell'apocalisse pappa cervelli e budella, circa dieci anni dopo. Nel cuore della crisi non morta, una piccola comunità che vive nell'allora campus della Nebraska State University, costruisce un mattone alla volta la eco di una civiltà frantumata, sperando che le cose (un minimo) tornino come prima. In questo micro gruppo di sopravvissuti che ha come capa Elizabeth (interpretata dall'attrice vincitrice di un Emmy, Julia Ormond) c'è pure un gruppetto di brufolosi adolescenti, che poi altro non sono che la prima generazione cresciuta (letteralmente) nell'apocalisse.
Insomma, adolescenti pieni di ormoni salterini che, praticamente, manco si ricordano com'era la vita prima del patatrac!
E, ovviamente, in tutto 'sto teen zombie drama, le sorelle Iris e Hope (interpretate da Aliyah Roayele e Aleza Mansour) vengono a sapere che papà Dr. Bennet (Joe Holt) - che nel frattempo ha detto “mo' la civilizzazione è un fattaccio vostro, io me ne vado via a fare il vaccino” - è tipo in super pericolo.
E, sempre ovviamente, le due ragazze ribelli partono insieme ai compagni Elton (Nicolas Cantu) e Silas (Hal Cumpston) verso una New York che della New York, tipo, c'ha solo le strade intasate e gli zombie alla moda, per ritrovare papà.
Sarà una passeggiata campestre domenicale? No, non sarà una passeggiata campestre domenicale.
Come promesso, si ritorna a camminare. A camminare nelle desolate strade grigie e inquietantemente patinate dell'America degli inseguiti e degli inseguitori. Della morte che ha preso vita attraverso il volto di chi ami, di chi avresti giusto giusto salutato, o di qualche ignaro passante che manco avresti notato (se non fosse che ora ti vuole mangiare il fegato). L'America dello zombie cattivo sì, ma l'essere umano, eh, è cattivo pure il doppio.
Della sopravvivenza, del proviamo a mettere a posto le cose e dei sorrisi che si contano sulle dita mozzate di un povero disgraziato. Lo facciamo dopo diversi mesi dal quasi finale di decima stagione della mamma serie (che è tornata con il finale vero, o episodio speciale, o quello che volete) e dello spin-off che va un po' dove gli pare e che tra poco ci sorprenderà con una nuova stagione.
Sì ritorna, sì, ma qua la strada è ben diversa, almeno nell'apparenza. Non ci son connessioni direttissime (per ora) con il resto dello zombieverse. È totalmente a sé stante nelle sue due stagioni complessive e già anticipate. Viaggia anche lei per conto suo, ma un po' più lontano, con preamboli simili ma diversi, anche se di mezzo ci sono sempre Scott M. Gimple (al momento direttore artistico di tutta la baracca) e Matthew Negrette (che di casa zombie certo non è nuovo).
Viaggia più lontano anche per noi che siamo oltreoceano e che, invece di spaparanzarci al solito sull'emittente Fox, a 'sto giro dobbiamo farlo su Amazon Prime Video.
Stesso l'universo, diversi i volti, diverso il viaggio, diverso lo spirito, giusto?
No, non esattamente.
Il primo episodio di The Walking Dead: World Beyond, diretto da Magnus Martens (volto non nuovo del franchise e che ha già diretto tipo un paio di episodi anche di Fear The Walking Dead) cerca di barcamenarsi attraverso punti di vista originali (almeno nell'ottica un po' avariata di The Walking Dead) che già di loro suonano come “novità”, come la soggettività prima non del tutto approfondita della nuova generazione di superstiti. Quella generazione cresciuta con pane, marmellata e carotide sgranocchiata, e su come ciò abbia condizionato la loro psicologia.
Il tutto nel non facile compito di dare nuova linfa ad una narrazione che, ormai, ha davvero ben poco di nuovo da raccontare nonostante la sconfinatezza delle sue lande e delle sue potenzialità, e di attirare nuovi e vecchi spettatori che, col passare degli anni, hanno detto bye bye alla creaturina di Robert Kirkman per eccesso di prevedibilità e di un ritmo altalenante segnato da narcolessia allo stato brado. E qui la vera novità: come faccio ad attirare nuovi spettatori più gggggiovani senza perdere di vista i veterani della saga?
Vai! Parliamo dei teenager apocalittici! Tipo che “Oh, i bambini! Nessuno pensa ai bambini?!”. E poi, vai: facciamo pure che mettiamo la serie in streaming, che lì i teen ci si riversano a fiumi e mo' vedrai che un po' ci cascano.
E ok, dai, i giovani li abbiamo in pugno! E i veterani?
Ma semplice, facciamo girare il gruppetto in contesti che son diversi ma, alla fine, tutti uguali alle serie precedenti e ci aggiungiamo già dal primo episodio qualche riferimento non troppo velato a The Walking Dead Original “Yawn” Series e al gruppo di Rick.
E poi facciamo che li vestiamo più o meno con stesso mood e outfit di tutti gli altri in tutti i luoghi e in tutti i laghi d'America perché oh con l'apocalisse c'è da arrabattarsi e se ci mettiamo troppa varietà da discount poi non è credibile!
Quindi ok, The Walking Dead: World Beyond, cerca l'equilibrio tra moderne novità estetiche e narrative di cui si sentiva (davvero tanto) la mancanza e la comfort zone di chi “La tradizione è sacra!”. E vabbè, ci può stare in realtà, che forse stravolgerne completamente lo spirito avrebbe più facilmente fatto affondare la baracca.
Se poi i presupposti di “cambiamento” sono trainati dagli effetti speciali non proprio gratificanti di questo primo episodio, allora tanto vale davvero restare al caldo focolare.
La scrittura di Gimple stessa (tipo quella genera flame che ha stravolto più di una stagione della mamma serie) tenta di marcare ulteriormente questo fragile equilibrio, ma sezionando i personaggi in meri archetipi come troppo spesso gli capita, che per quanto simpatici e ben interpretati, risultato a tratti forzati, stretti nei loro stessi panni. Scomodi, un po' zoppicanti, non del tutto credibili. Sodalizio, l'archetipo di Gimple, con un'altra sfaccettatura dei suoi script: ovvero il tempo morto. I personaggi che vagano e girano su loro stessi sfiorandosi appena e se si sfiorano mo' allora si mettono a parlare per ore di piani infallibili di cui si scordano il secondo dopo perché tanto vanno in vacca. Quella scrittura un po' claustrofobica e densa, che ai più fa scendere l'appetito e l'interesse in un abisso doloroso che, in confronto, essere divorati di uno zombi è l'equivalente di accarezzare un gattino.
È un po' troppo presto, comunque, per giudicare la serie. Perché i punti di forza non mancano, la poetica intrapresa può ampliarsi ulteriormente, essere messa maggiormente a fuoco e trattare un universo ritrito con quella giusta e sana dose di cambiamento brioso e frizzante che le premesse proponevano. Perché il mondo in cui questi ragazzi vivono è davvero terrificante, costituito da un passato appena saggiato e già dimenticato, l'illusione di un futuro che potrebbe finire dietro al prossimo angolo e un presente fermo in una sopravvivenza flebile, ricostruzioni appena accennate, delicate come un castello di carte. Questi ragazzi non hanno luoghi a cui aggrapparsi, ricordi con cui convivere, ma solo un fatalismo subdolo e lancinante.
Una psicologia potenzialmente massiccia e che può aprire nuove porte davvero oscure nel girotondo di The Walking Dead, magari donandogli, seppur in sole due stagioni, anche quel briciolo di speranza e gioia di vivere che tanto mancano alle altre serie.
Una freschezza che in questo primo incontro vacilla ma che spero, con tutto me stesso, possa trovare solidità nei prossimi episodi.
Il primo episodio di The Walking Dead: World Beyond ci propone una desolazione che già conosciamo fin troppo bene, mischiato in una salsa teen che avrebbe un potenziale infinito ma che inciampa sui personaggi fin troppo meccanici. Effetti speciali non proprio all'altezza e coreografie action piuttosto da rivedere certo non aiutano il teatrino.
Ma lo spunto è interessante e originale per gli standard di The Walking Dead e, se virato nella giusta direzione, la sua limitata durata di due stagioni per dieci episodi l'una può condensarne i pregi.
Magari, dico, magari!
madforseries.it
2,5
su 5,0