The Haunting of Bly Manor: la Recensione della Stagione Completa e Confronto con Hill House
Scritto da: Noa PersianiData di pubblicazione:
"Va bene, allora. Una storia di fantasmi. Ripeto, non è la mia storia, ma è piena di fantasmi di ogni tipo. E se trovate un bambino inquietante, fate un altro giro di vite e ditemi: cosa ne pensate di due"?
Gli incubi tornano spesso in superficie, come se cercassero una nuova via di fuga per non rimanere negli abissi, nelle acque più profonde, come quelle di un lago per esempio. Questa storia parte proprio dalle acque di un lago, quelle più pesanti, corpose, difficili da navigare, complicate da dominare per un corpo che ne percepisce continuamente la corrente, la sensazione vorticosa del trascinamento nella massa liquida.
The Haunting of Bly Manor: 2007, Nord della California, in una distesa di verde, all’interno di una villa, una donna (Carla Gugino) inizia a raccontare una storia, un giro di vite, e lo spettatore si ritrova ad essere uno dei protagonisti della narrazione, come se stesse leggendo un libro, come se fosse davanti a un film. Questa donna scompare dalla visione e si trasforma in una voce che resta nella mente, si apre passaggi di narrazione attraverso i dettagli di chi guarda.
Un’avventura paranormale alla fine degli anni ‘80 in Inghilterra, in una tenuta di campagna, una storia di fantasmi che riguarda la storia dei vivi: fantasmi che appaiono d’improvviso, bambole che si spostano quasi animate, suoni minacciosi che deflagrano in un attimo, simboli che ambiscono alla ritualità, momenti di silenzio e sospensione sapientemente distillati, le illusioni, gli errori di visione, il dislocamento dei ricordi e dei sogni.
L’inquietudine rarefatta ma raggelata alberga ogni angolo dell’enorme dimora, ogni movimento di camera, ogni storia dei personaggi. Due inquietanti bambini (gli eccezionali Amelie Bea Smith e Benjamin Evan Ainsworth) sono i principali tessitori del giro di vite che li circonda, nel tracciare gli eventi che si aprono e si chiudono con puntuali coerenze, illuminando punti oscuri passando in superficie i segreti di famiglia: un nucleo spezzato, pieno di crepe che, simbolicamente, crescono e si spengono sulle pareti della dimora.
Le dinamiche amorose e complottiste dei personaggi che incarnano la servitù, mettono in evidenzia le ambivalenze dei rapporti umani che si rafforzano e si deteriorano, si rinsaldano e scompaiono abitudinariamente.
La serie TV targata Netflix tratta un romanticismo gotico ed è ideata dall’operosa mente di Mike Flanagan, regista già del primo capitolo Hill House (che abbiamo recensito in questo articolo). Una nuova dimensione umana viene esplorata. L’intera trasposizione dello show accompagna lo spettatore verso un approfondimento dei personaggi lungo un’attenta introspezione sulle loro vite, sul loro passato e sulle conseguenze dei traumi che riverberano nel loro presente fino a condizionarlo. Anche qui c’è un riferimento letterario importante, a differenza del capitolo precedente che trattava l'opera omonima di Shirley Jackson, qui il richiamo si focalizza su Il Giro di Vite di Henry James, dove tornano a muoversi alcuni attori già visti nella precedente casa. La storia e anche il tenore, però, sono alquanto differenti.
"Sai quale è il succo della vita, Miles"?
"Non i fiori".
"No. Le chiavi. Vedi, le persone sono porte chiuse. Hanno serrature diverse e devi indovinare la forma della loro chiave. Come tutte le chiavi per aprire tutte le porte di questa casa, inutilmente ed eccessivamente grande. Chiavi diverse per porte diverse. Quindi se vuoi aprire una porta, devi provare varie chiavi, finché non trovi quella giusta".
Questa serie non è orrifica, nel vero senso del termine, più che un horror si proclama essere un viaggio nel trauma, come un ritrovarsi in una selva oscura e cercare di risalire per ammirare le stelle. Lo show gioca sull’inquietudine rarefatta e allo stesso tempo raggelata che si insinua in ogni dettaglio, soprattutto in ogni gesto dei due piccoli protagonisti: educati e pieni di vita nonostante i traumi, Flora e Miles nascondono, evidentemente, dei segreti inconfessabili che al tempo stesso li terrorizzano e li responsabilizzano. In un mondo di adulti fragili e devastati da dolori pregressi, loro dimostrano una consapevolezza e una capacità di guardare oltre che ribalta i ruoli di protezione.
Il tutto è accompagnato sapientemente da una colonna sonora perfetta: il suono strategico dei compositori Andy Grush e Taylor Newton Stewart amalgama realtà e onniscienza.
Interessante, nella costruzione dei nove episodi, è anche la struttura temporale: in Hill House, il regista americano aveva giocato con un andare e tornare fra presente e passato, mentre qui la combinazione degli eventi finisce per diventare alquanto complessa. Lungo cicli quasi di eterni ritorni e piani di realtà che si sovrappongono e si modificano, Bly Manor si avvicina timidamente, a tratti, alla composizione a ragnatela di Dark, senza però riuscire a sostenere il marchio di partenza.
Più si va avanti nella visione, più il meccanismo si contorce su se stesso, non lasciando respiro allo spettatore che si ritrova disorientato nella curiosità di sapere cosa accade veramente, chi è l’artefice di questa complessità allarmante e quale è la via di uscita del labirinto mentale, i cui pezzi, però, non corrispondono. La serie TV non cede mai a un terrore scomposto, ma induce lo spettatore a cercare di comprendere l'elemento disturbante che attraversa i personaggi, a causa del sentimento di fondo che è quello dell'amore.
"Passarono gli anni, e mentre dormiva sott'acqua, i ricordi di lei svanirono. I dettagli, i momenti specifici, tutto svaniti. Passerà altro tempo e l'acqua sbiadirà il suo viso delicato. Ma non sarà vuota. Continuerà a camminare per Bly, per il resto dei suoi giorni, lasciando le uniche tracce di chi era, nei ricordi della donna che l'ha amata".
The Haunting of Bly Manor porta con sé una declinazione sentimentale cara al romanzo gotico, perdendo un po' dell'equilibrio narrativo che aveva caratterizzato la precedente opera di Mike Flanagan, Hill House.
Il regista però fa anche un buon lavoro di cesura dei racconti di fantasmi più importanti di Henry James, cucendoli letteralmente addosso ad alcuni personaggi in modo coerente, avendo a disposizione un cast di alto livello.
madforseries.it
3,5
su 5,0