Suburra 3: la Recensione della Stagione Finale della Serie TV targata Netlix
Scritto da: Noa Persiani - Data di pubblicazione:
"Sto posto non cambia da duemila anni: patrizi e plebei, politici e criminali, mignotte e preti. Una città eterna. Roma è una Suburra scura, bipolare e schizofrenica".
Fra contraddizioni grottesche e fenomenologiche di politicanti col pelo sullo stomaco, i tre mondi che gli autori di Suburra volevano raccontare, rappresenteranno proprio le tre stagioni: la Chiesa, lo Stato e ora la criminalità organizzata. Questa triade di contesti ha contribuito a costruire l'impianto narrativo. Tutte e tre legate, inevitabilmente, da un filo rosso che si insinua negli occhi dei protagonisti, fino a farli implodere, o esplodere, a seconda delle preferenze narrative, a seconda dei sentimenti che li caratterizzano, poiché alla fine gli uomini sono mossi dalle emozioni, e tutto è scandito dal ritmo del cuore.
L’atmosfera cupa, la sete di potere millenaria, gli intrighi politica-malavita-Vaticano: era già tutto lì, in una città santa e dissoluta, bella e struggente che si demolisce per le torbide acque in cui annega, con tante sfaccettature, tutte complesse, in cui si muovono i protagonisti, sullo sfondo di paesaggi strumentali, in attesa della chiusura del cerchio, inesorabile. Tanti volti che guardano, tutti più scuri ed alterati della prima volta, tutti cresciuti, con una sete di potere ossessiva ed implacabile. Il gioco è sempre lo stesso: vendere, comprare, niente sconti, tutto ha un prezzo, anche la vita, come la morte. Le famiglie sono ora quattro: quelle criminali, quella politica e quella ecclesiastica con la consapevolezza di non poter fare determinate cose pur avendone, almeno in teoria, le capacità.
Il nome Suburra è un nome storico per Roma
Si stringono mani, accordi, alleanze. Se la prima stagione si concentra sul Vaticano e sull’acquisizione dei terreni di Ostia per la costruzione di un porto, la seconda sull’elezione del nuovo sindaco di Roma, la terza stagione sposta il focus sulla corsa al potere della città. Ogni evento si intreccia: la volontà al raggiungimento del trono è un’occasione irripetibile, come quella del Giubileo, con tutti gli interessi economici che ne conseguono.
La stagione conclusiva si percepisce, fin dall’inizio, a scandire un ritmo diverso, più veloce, sicuro, adrenalinico, che porta lo spettatore a seguire con affanno l’evolversi degli eventi, quasi a dover assistere a uno sbrodolamento, ad una frettolosa ricerca di una via d’uscita e una forzata conclusione. Capace, però, anche di guardarsi dentro, stimolando l’interesse, provocando gli ingranaggi del cuore, lungo una musica evocativa che scandisce la crescita degli episodi e una fotografia che imprigiona lo sguardo sugli affreschi di Roma.
Le donne di Suburra al potere
Tutti i protagonisti si muovono nelle fiamme divisi da un abisso incolmabile, si sorreggono, si proteggono, mantengono il centro della forza da una parte, si minacciano, si insultano, distruggono le fondamenta dall’altra. Sono maschere di un mondo, crudeli, violente, machiavelliche, in un vortice continuo che le risucchia e le butta fuori, ogni volta con un pezzo diverso cucito addosso e un gradino lasciato alle spalle, al di là del bene e del male.
L’unione indissolubile tra Aureliano (Alessandro Borghi) e Spadino (Giacomo Ferrara) tesse i fili degli avvenimenti, i festeggiamenti delle vittorie, il loro andare crudo e sfrontato è sorretto da un rapporto più che fraterno, più che amore. Fino alle estreme conseguenze per cui non può esserci uno senza che siano due. E loro due si sono trovati e scelti, con gli occhi di due donne al loro fianco che prendono la ribalta, guadagnano uno spazio importante, si impongono, ottengono il rispetto, distruggendo la drammaturgia classica e nelle mani un amore che le guida. Qualcosa nella loro storia è cambiato, è arrivato il loro tempo. Ma saranno Aureliano e Spadino a chiudere il cerchio, portando al collasso gli strati che lottano per governare Roma ma uno solo sarà il Re.
La sensazione finale di questa stagione conclusiva di Suburra, è che gli autori abbiano avuto troppa fretta di arrivare alla conclusione, e che una fine sbrigativa si contraddice con quanto costruito in precedenza.
Non c’è qualcosa di nuovo veramente creato ma quasi una riproposta delle narrazioni precedenti. Ma la terza stagione propone una lotta per il potere emozionante e alla fine risulta un buon prodotto a sé stante.
madforseries.it
3,3
su 5,0