Recensione di Bridgerton 2: un Romanzo di Formazione a Tinte Impressioniste, con una Spruzzata di Kitsch
Scritto da: Roberta Greco - Data di pubblicazione:
Grey’s Anatomy. Scandal. How to Get Away with Murder. Inventing Anna. ShondaLand colpisce ancora: la seconda stagione di Bridgerton è su Netflix da una sola settimana e ha già fatto lo sgambetto alla concorrenza e a tutti coloro che pensavano che senza zona rossa e senza Regé Jean Page questo nuovo capitolo non avrebbe mai eguagliato il primo in quanto ad ascolti e in quanto a buone recensioni. Di fatti, la seconda stagione dell’attesissima serie TV statunitense non ha soltanto tagliato la linea di traguardo quasi insieme alla prima ma, sul finire del percorso, l’ha decisamente superata.
Anche questi nuovi episodi sono basati sui romanzi della scrittrice newyorkese Julia Quinn che sono otto proprio come i fratelli della serie TV. È sul secondo libro della saga letteraria, Il Visconte che mi amava (The Viscount Who Loved Me, 2000), che si incentra la trama della nuova stagione di Bridgerton, creata e sceneggiata da Chris Van Dusen.
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La storia
Il primogenito dei fratelli Bridgerton, Anthony, in seguito alla felice unione tra sua sorella Daphne e il Duca di Hastings, decide che è tempo anche per lui di sistemarsi. Tuttavia, non prendendo il compito in maniera spontanea e istintiva, dà il via a una sorta di casting in cui esamina scrupolosamente qualsiasi giovane donna gli venga proposta, deciso a scovare la perfetta Viscontessa Bridgerton, il diamante della stagione. Nel frattempo, la famiglia Sharma fa il suo ritorno a corte dall’India nella speranza che la signorina Edwina trovi un pretendente attraverso lo zelante aiuto di sua sorella Kate. Inoltre, la famiglia Featherington punta alla sopravvivenza, Sua Maestà la Regina e Lady Whistledown continuano la loro personale partita a scacchi e gli altri della famiglia Bridgerton vivono sempre più faticosamente la vita di società, tenendo fede più ai loro desideri che ai loro doveri.
Il racconto della seconda stagione è senza dubbio più avvincente, più ricco di particolari e più focalizzato sulla poliedricità dei protagonisti di quanto fosse quello della prima. Per quel che riguarda le scene a carattere sessuale che hanno caratterizzato buona parte del capitolo dedicato a Daphne e al Duca, qui non mancano affatto. Ci sono anche se quasi impercettibili. L’elemento erotico è presente nella sua forma più attraente: il desiderio. Qui quasi nulla viene mostrato ma ciò fa sì che sia sempre più atteso.
Il genere e le contaminazioni
Sia la prima che la nuova stagione di Bridgerton possono essere paragonate senza alcuno sforzo al romanzo di formazione (I dolori del giovane Werther, Grandi speranze, Ragazzi di vita, Harry Potter etc.), un genere narrativo che guida il lettore nell’impervio processo dall’età adolescenziale a quella adulta. Insomma, gli odierni teen-drama. Infatti, Bridgerton sembra raccogliere tutti i grandi personaggi più amati della letteratura e del teatro convogliandoli all’interno di un unico nucleo narrativo assieme ad una spruzzata di modernità, un andamento leggermente kitsch ma efficace e un’atmosfera che difficilmente annoia. Ritroviamo Louisa May Alcott, Jane Austen, Checov e Dostoevskij. E ancora, Shakespeare, D’Annunzio e Hugo.
L’attribuzione del romanzo di formazione non è solo data dal fatto che sia una serie televisiva in costume o per via della contaminazione narrativa bensì per gli insegnamenti che Bridgerton veicola. Partendo dal presupposto che l’arte in ogni sua espressione racconta un’idea, Bridgerton ha come ultimo scopo il superamento degli ostacoli da parte di uno o più eroi attraverso l’autodeterminazione, il coraggio e l’originalità di pensiero.
Non è semplicemente la ricerca di un grande amore verso qualcun altro ma del rispetto e dell’ascolto verso sé stessi provando a non lasciarsi sopraffare dalle aspettative e scegliendo dunque una direzione che porti alla tanto enunciata felicità.
La struttura
Stentatamente avviene di comporre una storia con tantissimi personaggi riuscendo a regalare la giusta dignità di contenuto, di approfondimento psicologico e di differenziazione a ciascuno di essi. In questo preciso compito, Bridgerton vince la medaglia d’oro: ogni vita, ogni carattere ha un suo posto d’onore all’interno della struttura creativa e tutti loro sanno come fondersi in una bellissima musica d’insieme che non lascia spazio alle stonature.
Insieme è senza dubbio una delle parole chiave dell’apparato registico e formale della serie televisiva; infatti, unitamente ad alcune scene singole come quella del Visconte in vasca o a due, come il frame nella biblioteca di Aubrey Hall i cui chiaroscuri rammentano la pittura di Caravaggio o del contemporaneo Roberto Ferri, le scene collettive sono un omaggio all’Impressionismo. Infatti, in occasione dei gran balli, delle passeggiate all’aperto o degli eventi dell’alta società, grazie a delle generose e allargate inquadrature, agli abiti in tinte pastello e alle posture plastiche degli attori, la fotografia di Bridgerton omaggia i suoi spettatori di incantevoli sequenze alla Degas.
Come per gli episodi legati all’infanzia di Simon nella prima stagione, volti a motivare le sue scelte irreprensibili, i salti nel tempo tornano in questo nuovo capitolo per raccontare i traumi del passato di Anthony, stavolta in maniera più intensa, sconvolgente e approfondita di quanto accaduto per il Duca.
E mentre la piccola fiamma che brucia tra Anthony e l’oggetto del suo desiderio viene alimentata poco alla volta riempendo il principale intreccio narrativo della stagione, tutto intorno Eloise e Penelope, Colin e Lady Crane e la favolosa coppia Lady Featherington e il cugino Jack, insieme agli altri protagonisti, riempiono la scena riccamente, a tempo e con suspense, come nelle migliori opere liriche.
Non è importante quanta frivolezza riempia i dialoghi della serie TV o quanto poco peculiare sia il contenuto fino a quando Bridgerton continuerà a concedere al suo pubblico questo medley di impeccabile fotografia, momenti al limite tra il trash e la soap-opera latino americana dei primi duemila, l’inconfondibile colonna sonora della voce di Julie Andrews e primi piani così pieni di romanticismo stucchevole eppure mai banale.
L’interpretazione degli attori è convincente e ogni volta abbinata al tono della scena. Jonathan Bailey è intrigante, delicato nei movimenti, dal modo in cui osserva a quello in cui tocca il portagioie o il fucile a quello in cui sfiora il corpo di Kate.
Simone Ashley interpreta un’eroina contemporanea proprio per questo motivo facilitata rispetto ad altre attrici. Nonostante ciò, grazie a dei loquaci silenzi e a uno sguardo furbo ed espressivo lascia la sua personale impronta su Lady Sharma.
Nicola Coughlan e Claudia Jessie interpretano il più emozionante, divertente e coinvolgente duetto di Bridgerton, vestendo gli abiti femministi di due giovani donne che si ritagliano il loro spazio all'interno della società solo ed unicamente attraverso le loro idee, il loro talento.
I punti critici
Nonostante questa stagione, ancora una volta di più della prima, srotoli una grande minuzia di dettagli di ogni genere, come le informazioni sul Grand Tour, la varietà delle classi sociali e la componente multietnica, sembra che alcune tematiche siano lasciate in sospeso o poco esplorate.
Per esempio, la brillante e innovativa introduzione di caratteri indiani in un contesto nobiliare londinese dell’Ottocento viene ridotta ai conosciuti e prevedibili stereotipi. Sarebbe stato di gran lunga più avvincente conoscere qualcosa di più del contesto indiano di quegli anni al posto di qualche scarna battuta sulle vivaci tinte di Bombay, qualche riferimento a come si dica in quella lingua mamma e papà e a un accenno di pochi secondi a una bellissima tradizione nuziale come quella del Mehendi.
Una fotografia impeccabile ed evocativa, sensazionali remake musicali, ottime interpretazioni e un’atmosfera leggera al punto giusto sono alcune delle coccole che Bridgerton riserva al suo abbondante pubblico.
Spensieratezza, gusto estetico e love drama assicurati.
madforseries.it
4,0
su 5,0