La Regina Carlotta: una Storia di Bridgerton - La nostra Recensione della Serie TV Spin-off targata Netflix

Scritto da: Roberta GrecoData di pubblicazione: 

La verità è che, quando ho visto nella prima stagione di Bridgerton un'attrice sì, cresciuta in Gran Bretagna e partorita da madre britannica, ma nata a Guayana con un viso ben lontano dal risultare vittoriano o tudoriano (di certo perdonerete l’anacronismo), vestire i panni di Carlotta di Meclemburgo-Strelitz, ho pensato che si trattasse di una scelta legata ai canoni di inclusività che hanno finalmente raggiunto l’industria del cinema e della serialità. 

E invece, dopo aver guardato Harry & Meghan, la docu-serie approdata su Netflix subito dopo la dipartita della Regina Elisabetta II e dopo aver discusso l’esame di storia moderna all’università, posso certamente dire che Julia Quinn, Chris Van Dusen e Shonda Rimes non hanno riprodotto una utopica Europa moderna in cui il razzismo non esiste – perché esiste eccome – bensì, hanno mostrato al mondo come ciò che avrebbe potuto essere quell’Inghilterra se il Commonwealth fosse stato più di un insieme di colorati e variegati paesi a cui rubare schiavitù e risorse preziose e come dai matrimoni tra potenze straniere tutti i cittadini del mondo avrebbero potuto ottenere un'occasione di riscatto sociale. Chissà mai se la situazione politica tra piccole, medie e grandi potenze e stati meno e più industrializzati, oggi sarebbe stata diversa.

Onestamente, non so decidere se Bridgerton sia sempre stata questo: una serie televisiva che unisce vizio estetico, carattere sociale e che umanizza personaggi realmente esistiti, o se abbia orientato e arricchito il tiro una volta ottenuto un successo rumoroso. Dopotutto si sa, gli esami non finiscono mai e i veri leader non smettono mai di studiare.

Mi viene spesso da sorridere quando ascolto pareri in cui si afferma che un regista o uno sceneggiatore abbiano “storpiato” la vita di un personaggio storico. Per varie ragioni: la principale è che il rigoroso corso della vita di suddetto personaggio vissuto realmente, specialmente molto tempo fa, non lo conosceremo mai. 

Ciò che di solito arriva al nostro sguardo, attraverso documenti in una lingua che neppure parliamo più, è la riscrittura della riscrittura che un filologo ha ottenuto attraverso pochissime o moltissime fonti, molte delle quali compromesse; dal giudizio personale di chi le ha scritte, dall’epoca in cui sono state redatte e, ahinoi, dalle lancette degli orologi.

L’ultima ragione per cui oso sorridere di tali affermazioni è basata su un’ormai antica credenza che mi porto faticosamente dietro: l’arte è un processo libero di cui l’artista non è padrone; e se la penna ha desiderio di rappresentare una Cleopatra dalla pelle nera, non fa nessun oltraggio alla sovrana tolemaica né tantomeno ai puristi della storia.  L’arte è irriverente, mai compassionevole e mai bugiarda. Lasciamola giocare un altro po’ tenuto conto che molto presto ci ritroveremo tutti accovacciati in un mondo piegabile e high-tech.

Lo stile

La Regina Carlotta: Una Storia di Bridgerton – come deducibile dal suo titolo – è il primo spin-off di Bridgerton, distribuito in sei episodi da un’ora ciascuno, da pochissimi giorni su Netflix.

La trama ruota principalmente attorno al matrimonio tra Giorgio III (Corey Mylchreest – James Fleet), giovane re dell’allora Impero britannico e Carlotta di Meclemburgo-Strelitz (India Amarteifio - Golda Rosheuvel), sua promessa sposa. Dal loro primo e simpatico incontro alla cerimonia da favola, dalle prime difficoltà alla regressione della malattia del sovrano, dai fatti del passato al tempo presente.

Insieme ad essi, la storia cattura da vicino i personaggi le cui intimità e genealogie erano state oscurate dai giovani protagonisti della serie TV madre; in particolare, sono raccontate le vicende di Lady Agatha Danbury (Adjoa Andoh - Arsema Thomas), Lady Violet Bridgerton (Ruth Gemmell - Connie Jenkins-Greig) e Brimsley (Hugh Sachs - Sam Clemmett). E dei nuovi e interessanti Lord Ledger (Keir Charles), Reynolds (Freddie Dennis) e della principessa Agusta (Michelle Fairley).

Il cast è come sempre eccezionale, impeccabile, fautore di performance prive della più impercettibile sbavatura. Nessuna menzione speciale; soltanto un sincronico e saziante coro di immensa bravura.

Le storie sono commoventi, la regia è generosa e i toni pastello illuminati dalle luci da Broadway, accompagnate dall’inconfondibile voce di Julie Andrews e dalla riscrittura in chiave sinfonica dei capolavori della modernità, rendono omaggio all’esteta più pignolo.

Cos’altro ricamare se non apprezzare questa chicca della sovraffollata serialità contemporanea che ha superato a pieno titolo le due stagioni dell’originale e che si proclama un faro del genere romance.

La Regina Carlotta: Una Storia di Bridgerton, superando di gran lunga in quando a sceneggiatura, intenti e performance la serie TV originale, è un prodotto equilibrato, leggero e perfettamente rifinito. 

madforseries.it

5,0
su 5,0

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