L'Alta Stagione: Recensione della nuova Serie TV Brasiliana targata Netflix
Scritto da: Roberta GrecoData di pubblicazione:
L'Alta Stagione (Temporada de Verão) è una nuova serie televisiva brasiliana composta da otto episodi, diretta da Isabel Valiante (Omniscient) e Caroline Fioratti (Amarração do Amor) e coprodotta da Boutique Filmes e Ocean Films per Netflix.
Il teen drama brasiliano racconta le vicende estive dello staff dell'Hotel Maresia, un lussuoso resort nell'isola di Ilhabela dove le storie tra i protagonisti si intrecciano a loro volta con quelle degli isolani e dei turisti. Il focus cattura principalmente Catarina (Giovanna Lancellotti) che da ricca e giovane ereditiera con un futuro brillantemente avviato, una proposta di matrimonio e un armadio ricco di accessori e abiti da sogno si ritrova poi, sprovvista di denaro, senza prospettive e priva di un sincero e salutare legame emotivo. Dunque, inizierà a lavorare al Maresia dove i suoi colleghi - Diego, Miguel, Yasmin, Helena, Marília e Conrado - diventeranno anche i suoi compagni di avventure estive e i suoi mentori nella ricerca di uno stile di vita meno superficiale e più genuino.
Premi sull'immagine per ingrandirla.
La scelta non casuale di Netflix e della produzione dello show di lanciare la serie televisiva sulla piattaforma in piena stagione invernale è - quasi sicuramente - l'unica decisione degna di nota. A quale dei telespettatori (perfino agli amanti delle coperte di pile e dei freddi e aulici tramonti di gennaio) in piena sessione d'esami o nel bel mezzo del ritmo lavorativo post rientro dalle vacanze natalizie non dispiacerebbe immergersi in un'atmosfera tropicale di dolci passeggiate sulla spiaggia e travolgenti party in piscina? Probabilmente sarebbe gradito a tutti, anche perché a giugno, luglio e agosto non si ha bisogno di immaginare l'estate ma solo di godersela il più possibile.
A gente é exatamente como o verão: tem data certa pra acabar. Noi siamo proprio come l'estate: siamo destinati a finire.
E purtroppo, proprio come l’estate anche l’entusiasmo per L’Alta Stagione è destinato a finire presto.
Non è assolutamente un'impresa soddisfacente o onorevole provare noia, malcontento e talvolta imbarazzo per un prodotto che possedeva in principio una scacchiera ben costruita e tutti e trentadue i pezzi necessari con i quali però non si è stati in grado di compiere le giuste mosse.
La scacchiera è il Brasile, una terra ricca di leggende, storie, profumi e che gode di una particolarissima atmosfera ancestrale. Una qualunque storia pur essendo destinata ad una fetta molto ampia di globo terrestre dovrebbe catturare qualcosa in più del posto in cui viene concepita, specialmente quando l'ambientazione è un'isola, le quali, si sa, hanno caratteristiche quasi sempre uniche al mondo. Quando si guarda Outlander è semplice catapultarsi tra le Highlands scozzesi, quando si guarda Sex and the City viene naturale chiedersi quanto disti Magnolia Bakery dal proprio divano e quando invece si guarda L'Amica Geniale Napoli si respira in ogni inquadratura.
L'unico tentativo di rendere protagonista con le sue caratteristiche fisiche e con il suo folklore la terra del Cachaça e del Samba è stato fatto provando a lanciare un messaggio sociale riguardante il fenomeno della gentrificazione il cui sviluppo, come nel caso di Zero, è stato sbrigativo come il caffè che si prende di corsa al bar prima di un appuntamento.
I pedoni, il cavallo, la regina e gli altri pezzi invece, sono rappresentati dal cast il quale trovando nel proprio camerino il copione di una storia mal scritta e dovendo impostare dal nulla dei personaggi piatti e scoloriti non avrebbe potuto ricavarci nulla di meglio. Eccetto che per Vilma, la cui presenza assente non permette di restituire molte considerazioni e per Rodrigo la cui interpretazione avrebbe dovuto essere in alcuni momenti un tantino più decisiva, il resto della ciurma ha portato a casa un ottimo lavoro, con una nota al valore per André Luiz Frambach, senza dubbio il migliore. Gabz è stata una rivelazione, Jorge López una conferma e una gioia per gli occhi e la dolcezza disarmante di Giovanna Rispoli, Cynthia Senek, Maicon Rodrigues una gradita compagnia.
Il team di sceneggiatura poi ha fatto in modo di investire ciascuno dei malcapitati di un dramma esistenziale o un conflitto personale circa la propria identità sessuale o una dipendenza o i ricordi di un trauma passato senza dare però, a nessuna delle cose sopracitate, il giusto spazio, la giusta importanza, il giusto messaggio.
Si è discusso di tutto o quasi, alla stessa maniera in cui in pausa pranzo un impiegato compone il suo poké. In parole più chiare:
"Buongiorno, nella mia ciotola vorrei un letto di dipendenza da shopping, il razzismo, una manciata di traffico illegale di droghe, qualche pregiudizio dei religiosi conservatori, un paio di segreti e, per finire, salsa al bullismo".
Molte altre serie televisive hanno incluso nella propria trama uno o più di uno di questi argomenti come per esempio Euphoria dove nessuno dei personaggi ha una vita semplice o comune o Mr. Robot che insieme a Peaky Blinders scandisce la routine della dipendenza o della depressione con la stessa precisione di un timer da cucina, sempre per rimanere in tema; tuttavia, le serie televisive ora evidenziate hanno trattato questi argomenti perché utili ai fini della sceneggiatura, dell'intreccio o per parlare di una problematica sociale o politica e non per aggiungere il peperoncino laddove in padella non ci sono né aglio né olio.
Un altro problema chiave per il gradimento o per il disamore per questa serie TV, è senza dubbio, la competizione del mercato: in un momento come questo infatti, il termine di paragone è davvero ampio. Il pubblico europeo per esempio, può scegliere fra centinaia di prodotti, la maggior parte dei quali finemente elaborati, ragion per cui è diventato molto facile, persino per colui il quale non gode di uno spiccato senso critico, svelare i punti deboli di una serie televisiva che magari in un paese diverso o in un momento storico differente avrebbe riscosso successo.
Oramai, infatti, esistono gli show disimpegnati ma che fanno riflettere o quelli profondi e riflessivi che lasciano lo spazio per una risata; è il tempo dei k-drama e degli anime che prepotentemente stanno raggiungendo la giusta posizione nelle classifiche. Ci sono i classici, i bestseller e i remake dei classici e i revival dei bestseller e gli spin-off di entrambi.
Diventa sempre più difficile, dunque, accontentare e accontentarsi.
Per tutte queste ragioni e per molte altre L'Alta Stagione non è un prodotto competitivo e non ha le carte in regola né per dirsi una serie televisiva disimpegnata né per essere la portatrice di uno o più messaggi sociali.
Nonostante ciò, è molto gradevole ascoltare la lingua originale dello show, il portoghese- brasiliano, ma a questo punto è meglio esercitarsi con Città Invisibile (Cidade Invisível) che come Equinox (si trovano entrambe su Netflix) trattano, facendo ricorso all’antropologia culturale e all’etnologia del luogo d’origine, storie folkloristiche, magiche e interessanti del nostro vasto, bellissimo e differenziato mondo.
madforseries.it
2,0
su 5,0