Doom Patrol: Recensione della 2° Stagione della Serie TV di Supereroi
Scritto da: Nicholas Corneli - Data di pubblicazione:
Attenzione: questo articolo contiene spoiler
Tra le tante serie TV ispirate all’Universo DC spicca sicuramente Doom Patrol per la sua irriverenza e originalità. La stramba squadra di supereroi ci era stata presentata in un episodio di Titans e ci aveva immediatamente incuriosito, ma la vera sorpresa è arrivata con la prima stagione della serie dedicata al team di Chief e di cui potete trovare la nostra recensione in questo articolo.
Abbiamo atteso con impazienza il ritorno di Doom Patrol e abbiamo seguito con attenzione lo sviluppo della storia sin dal primo episodio, di cui potete trovare le nostre impressioni in questo editoriale, e ora che abbiamo visto il finale di stagione è giunto il momento di dirvi cosa ne pensiamo!
Da grandi traumi derivano grandi poteri...O forse no?
Sin dal primo episodio di questa stagione, i protagonisti si trovano costretti a dover affrontare i traumi del passato e la consapevolezza che la loro condizione attuale non è stata causata da un incidente, ma dagli esperimenti di Chief. Traumi che, come accennavamo nella recensione precedente, non li rendono eroi, ma che al contrario li incasina ancora di più.
Questo aspetto, già affrontato nel primo capitolo, viene ripreso e approfondito. Gli episodi sono costruiti per la maggior parte del tempo attorno a flashback in modo da spiegarci l’origine dei comportamenti di questi peculiari supereroi: un espediente molto complesso che la regia ha saputo sfruttare in modo ottimale.
Il destreggiarsi tra i numerosi flashback e le scene ambientate nell’Underground di Jane avrebbe potuto creare confusione nello spettatore rendendo la trama troppo complessa ed intrecciata, cosa che per fortuna non è successa.
Quindi assistiamo alla crescita di tutti i personaggi, i quali affrontano i fantasmi del passato per poter risolvere la loro condizione di dolore e frustrazione. Questo conflitto con se stessi e il proprio passato avrà il suo culmine nell'ultimo episodio, in cui la Doom Patrol si troverà costretta ad affrontare le manifestazioni dei propri amici immaginari d’infanzia, creati dal Candlemaker.
La lotta intestina tra le proprie azioni e le proprie emozioni non risparmia neanche Chief, il quale è pieno di rimorsi per aver rovinato la vita delle persone che ora compongono la sua squadra, e soprattutto è dilaniato dalla decisione che deve prendere riguardo a sua figlia Dorothy. Infatti, le uniche alternative che ha per poter salvare il mondo dalle creature immaginarie della figlia, sono imprigionarla nuovamente o ucciderla.
Tra ironia e stramberia
La seconda stagione di Doom Patrol ci porta nuovamente a sorridere e a ridere delle stranezze, delle vicende e dei nemici che i nostri super zero devono affrontare. Impossibile non citare l’ironia attorno al Dr. Tyme, un nemico con la testa ad orologio e in grado di controllare il tempo oppure il demone del sesso e l’evocazione di fantasmi impegnati in atti sessuali espliciti. Fantasmi che, nonostante sia stato sconfitto il demone, si ripresenteranno inaspettatamente anche nell'episodio successivo generando ilarità.
Nonostante ciò, la serie ha subito un leggero calo rispetto alla stagione precedente risultando meno ironica. Principalmente a causa della scelta di dare un taglio più introspettivo agli episodi e in parte all'assenza di Alan Tudyk. La bravura di quest’ultimo è ormai assodata e ne abbiamo già tessuto le lodi nella recensione precedente, ma in questo caso, la mancanza dell’attore ha fatto in modo che i riflettori si spostassero su Diane Guerrero nei panni di Jane.
La versatilità con cui Diane cambia il suo modo di recitare per destreggiarsi tra le emozioni e le 64 personalità del suo personaggio, ci dimostra la sua ottima capacità attoriale e il suo grande potenziale.
Doom Patrol riesce a muoversi egregiamente tra la moltitudine di flashback, l’analisi psicologica dei personaggi, le stranezze che tanto la caratterizzano e la differenziano dagli altri contenuti DC, senza mai interrompere lo svolgimento regolare della trama. Inoltre, riesce anche ad aumentare la componente horror dello show, come abbiamo potuto notare con le visioni degli amici immaginari di Dorothy o con l’episodio Pain Patrol, in cui è presente un serial killer di nome Red Jack in grado di nutrirsi del dolore delle vittime. Aspetto che viene incrementato in alcuni casi, ma che gli autori sono stati in grado di non rendere troppo pesante grazie all'alternarsi di eventi strani ed ironici.
Doom Patrol si conferma come una delle migliori serie dell’universo DC, ma che con questa stagione perde un po’ dell’ironia a cui ci aveva abituati per approfondire le storie e la psicologia dei personaggi.
Gli autori non perdono però mai di vista il regolare svolgimento della trama.
madforseries.it
3,8
su 5,0