Designated Survivor: La Recensione della Terza Stagione della Serie TV Netflix
Scritto da: Alessandra Motisi - Data di pubblicazione:
Attenzione: questo articolo contiene spoiler
Bisogna ammetterlo: questa stagione ci ha lasciati piuttosto perplessi.
Mentre le prime due sono state incentrate sulle prime esperienze presidenziali di Kirkman e sulle varie dinamiche interne (sentimentali e non) del suo staff, la terza stagione di Designated Survivor si è impegnata a raccontare, oltre alla difficile campagna per le elezioni del nuovo Presidente degli Stati Uniti, le problematiche con le leggi che vivono ogni giorno le persone extracomunitarie o LGBTQ+.
In questo terzo capitolo non ci sono stati molti disastri o problemi che hanno necessitato l'intervento di Kirkman, e questo gli ha permesso di concentrarsi sulla campagna elettorale e sulla vita di tutti i giorni alla Casa Bianca.
Le new entry Mars, Sasha, Dontae, e Isabel si sono ben adattate, sono personaggi che piacciono quasi all'istante e completano bene la squadra. È bello vedere queste nuove figure stringere nuove relazioni con i personaggi abituali!
L'unico personaggio che risulta difficile da inquadrare è Lorraine: lavora per Moss o per Kirkman? E perché usa metodologie così poco ortodosse? Non siamo riusciti a comprendere i suoi sguardi, il perché di molte delle azioni da lei compiute. Forse davvero voleva solo vincere, anche se era costretta a comportarsi in modo così losco.
Un'altra cosa che ci ha fatto storcere il naso è stato il fatto che le vicende legate al personaggio di Hannah Wells siano state raccontate parallelamente alle altre: sappiamo quanto lei e il Presidente Kirkman fossero legati, e notare che i due non si siano incontrati nemmeno una volta durante questa stagione ci ha lasciato un vuoto. Siamo dell'idea che sia stata una mancanza.
Il terzo capitolo di Designated Survivor ha speso troppo tempo nella narrazione delle storie personali dello staff: dalla malattia della madre di Emily, alla figlia di Kirkman quasi adolescente, da Seth che goffamente cerca di conoscere la figlia, ai problemi di dipendenza della moglie di Mars. Queste sono solo alcune delle storie che fanno da sfondo alla campagna elettorale ma, come ben sapete, potremmo dilungarci ulteriormente.
Con tutta questa mole di vicende vissute dai vari personaggi, ben poche sono riuscite a colpire o ad aggiungere qualcosa utile alla trama.
Le andiamo a riepilogare di seguito.
Hannah Wells, alla CIA, indaga su una minaccia di bio-terrorismo
Uno dei grandi problemi di questa stagione, oltre a quelli già elencati, è che continua a cercare di generare una certa suspense, funzionale costante della prima stagione. Designated Survivor ha cercato di ricrearla usando Hannah Wells. Il problema è che la cospirazione non coinvolge davvero il Presidente fino a quando la minaccia non diventa reale.
Le sue storie hanno funzionato così bene nel primo capitolo perché stava indagando su qualcosa che aveva legami diretti con Kirkman e tutta la Casa Bianca. Quanto successo nel terzo, invece, non è stato così.
Quando è stata licenziata dall'FBI, abbiamo sperato di vederla lavorare per la Casa Bianca in qualche modo: sarebbe stata un'ottima occasione per renderla maggiormente coinvolta, ma Hannah decide invece di unirsi alla CIA e siamo costretti a vederla indagare su qualche minaccia con qualcuno che non è Chuck.
Nonostante questa intera storyline non abbia coinvolto altri personaggi importanti, abbiamo gradito il modo con cui è stata raccontata...anche se la caratteristica testardaggine di Hannah l'ha portata alla morte...
Problemi legati alle minoranze
Sia Sasha che Aaron sono diventati gli esponenti di chi non riusciva a far sentire la propria voce. Durante questi 10 episodi abbiamo visto Kirkman guardare video di testimonianze dei cittadini americani, ma tali video non ritraevano attori: erano filmati reali!
Alcuni degli argomenti trattati durante la stagione includono la dipendenza da oppiacei e il costo esorbitante di medicinali necessari per la vita, come l'insulina. Una madre il cui figlio è morto di diabete, persone dipendenti da oppioidi, persone che facevano parte di un gruppo di terapia transgender...Era tutto vero! Anche la gente che abbiamo visto spiegare al Presidente Kirkman perché non ha votato alle precedenti elezioni presidenziali, era reale (e parlavano, infatti, del perché non fossero andati a votare).
Mentre le prime due stagioni di Designated Survivor ci hanno mostrato un'America utopistica (definita dalla critica "la miglior presidenza che non abbiamo mai avuto"), questa terza parte rappresenta quasi una risposta alla situazione reale: il Presidente si dichiara non legato a nessun partito, un funzionario repubblicano ricorda l'importanza di concentrarsi sugli interessi della nazione, la difficile situazione della popolazione latinoamericana (di cui si è occupato principalmente Aaron Shore), i diritti dei transgender (visti attraverso gli occhi di Sasha) e il problema, forse più inquietante e sempre più grave, del nazionalismo bianco.
Purtroppo la serie ha risentito del passaggio da ABC a Netflix vedendo una riduzione degli episodi da 21 (1° stagione) o 22 (2° stagione) a solo 10. Chiaramente, se fossero state prodotte più puntate avremmo potuto godere di una narrazione più lineare senza dover "saltare da palo in frasca".
Banalmente, e come tutti potevamo prevedere, la stagione si è conclusa con l'ufficiale elezione del Presidente Kirkman, rendendolo non più un Presidente "per caso" ma un Presidente voluto dal popolo.
Vista la precedente cancellazione da parte di ABC, non sapendo se lo show sarebbe stato rinnovato per un prossimo capitolo, secondo noi i produttori hanno cercato preventivamente di raccontare e concludere le varie vicende personali dello staff chiudendo il tutto con l'elezione di Kirkman (altrimenti di cosa avrebbero parlato in un'ipotetica quarta stagione?). Purtroppo, a nostro avviso, il risultato non è stato ottimale.
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