BoJack Horseman: Vittima e Carnefice di Tutto Ciò che Rappresenta...

Scritto da: Manuel SacconData di pubblicazione: 

Attenzione: questo articolo contiene spoiler

Un ex attore di mezza età ormai in declino, un alcolista cronico sull’orlo del baratro e, soprattutto, un cavallo. Basterebbe questo per non immedesimarsi in BoJack Horseman, protagonista dell'omonima serie TV presente nel catalogo di Netflix. Allora perché così tante persone si riconoscono in lui?
Facciamo un passo indietro e andiamo a sviscerare più nel profondo il suo personaggio. BoJack è diventato famoso recitando come protagonista nella sit-com “Horsin'Around” e, dopo la sua chiusura, si è accomodato in una vita senza aspirazioni né ambizioni.

È solo pigrizia? Più si approfondisce la sua caratterizzazione, più ci si rende conto che in lui coesistono un forte egocentrismo e una grande paura di non essere all’altezza. Tutto questo è frutto di un’infanzia infelice vissuta in una casa asettica, con una madre fredda e un padre che, oltre a essere infedele, incolpa lui e la madre per il suo fallimento come scrittore. Ovviamente questo non basta per giustificare tale ambiguità, ci sono anche le innumerevoli scelte sbagliate e la sua indole nichilista.

Il microcosmo dentro BoJack Horseman

In questo microcosmo interno al protagonista, troviamo un altro dualismo: la costante ricerca della felicità e la convinzione di non meritarla. Questo porterà BoJack a sabotarsi più e più volte, ad allontanare le persone che provano a renderlo migliore o che appaiono serene, e a trascinare nel suo loop di infelicità chi è fragile. Basti pensare al rapporto con Diane, un costante mettere in discussione lei e la sua felicità per trascinarla a fondo con lui. Questo è frutto di un bisogno mal espresso di sentirsi capito e di non rimanere solo sull’orlo del baratro.

La stessa solitudine che tanto sembra volere nei confronti di Todd ma, che in realtà, non vuole affatto. Pur di averlo accanto sabota i suoi progetti, perché farebbe di tutto pur di non rimanere solo con se stesso. Un disperato bisogno di comprensione lo muove per tutta la serie, perché nemmeno lui sa veramente chi è. A metà tra l’essere un errore e quindi destinato alla tristezza, e l’essere ciò che vorrebbe. A metà tra l’uomo e il cavallo, tra l’attore e la persona. Galleggia nella vita come fosse un corpo estraneo ad essa, non affonda mai del tutto e non nuota mai davvero.

Ogni rapporto che ha costruito è stato disfunzionale, spesso è stato causa di malessere negli altri che, nonostante tutto, sentono la necessità di stargli accanto. Il continuo drammatizzare la sua vita porta chi gli sta vicino a provare sensi di colpa nell’allontanarsi, e addirittura nel sentirsi felici. Questo fino all’ultima puntata, in cui non sembra più esserci spazio per lui, ognuno sembra voler prendere le distanze per proseguire la propria quotidianità. Una normalità in cui non può essere compreso, vittima e carnefice di tutto ciò che rappresenta.

Quindi è veramente cattivo?

BoJack non è cattivo, non è nemmeno buono, è la rappresentazione della fragilità e delle debolezze di ogni persona. Forse è per questo che, vedendo la serie, in tanti si sono rivisti in lui, perché riesce a far affiorare emozioni che in molti provano, e che spesso non hanno il coraggio di dire ad alta voce per paura di non essere capiti. 

Un altro aspetto molto interessante è la crescita del protagonista stagione dopo stagione, che culmina nell’ultima dove vediamo BoJack profondamente cambiato. Ha la convinzione di essere diventato migliore, si è disintossicato e dimostra una propensione alla vita vista molto poco fino a quel momento. Ma nel suo universo, come nel nostro, la vita chiede sempre il conto, e pagherà le conseguenze delle scelte fatte in precedenza. In bilico tra armonia e caos è destinato a rimanere un eterno incompiuto, e per quanto avremmo voluto vedere un lieto fine, per lui non può esserci. 

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